UNO SGUARDO CONSAPEVOLE

Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi” da “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar.

Tempo fa ho scritto che un giorno sarei andato negli Stati Uniti e avrei trovato la ragazza che avrei sposato e poi saremmo andati a vivere in Nuova Zelanda. Mi ricordo vividamente il luogo in cui ho partorito questo strambo e approssimativo programma di vita ma non lo riesco a collocare con precisione nel tempo, comunque sicuramente in un momento (im)preciso di singletudine al liceo.

Negli ultimi quindici anni ho viaggiato parecchio. Il 12 Settembre del 2010 sono andato negli Stati Uniti per un’opportunità di lavoro, un incrocio magico di pianeti per chi crede negli astri, reso ancora più pazzesko (con la cappa) dal fatto che cinque giorni dopo, il 17 Settembre, ho incontrato la donna che poi sarebbe diventata mia moglie. Prima parte del piano strambo e approssimativo, check!

Nei dieci anni successivi a quell’incontro abbiamo viaggiato parecchio. Abbiamo anche cambiato indirizzo di residenza molteplici volte con due traslochi clamorosi da portiere-da-una-parte-palla-dall’altra. Il primo riguarda il giorno in cui eravamo a Charleston, South Carolina a vedere case per trasferirci là in cerca di caldo e charme, nella pausa dalla visita di case siamo andati in spiaggia e lì ho trovato una banconota da €10 in acqua. L’ho vista nuotare verso di me, giuro. Un segno del destino mi sono detto. La settimana dopo abbiamo comprato casa fuori Philadelphia. The Deserti’s 1, Resto del Mondo 0. Il raddoppio è arrivato circa tre anni dopo. Erano settimane che pianificavamo dei lavori importanti in casa, preventivi, design, notti spese a ragionare sulla migliore ipotesi per trasformare il primo piano di questa casa vittoriana del 19 secolo in cui vivevamo, in un open concept che fosse più funzionale ad una famiglia con bambini. Avevamo socializzato questi piani con i nostri genitori, un po’ per gioco e un po’ per avere consigli. Un giorno parlando con mia madre al telefono mi chiese come stessero procedendo i piani e "niente, abbiamo messo la casa in vendita e ci trasferiamo ad Hoboken in affitto”.

Nessuno si è stupito quando ad Ottobre 2019 abbiamo detto che ci saremmo trasferiti in Italia. O forse non ci hanno creduto fino a quando non siamo effettivamente arrivati con i bauli poco prima di Natale.

Oltre a questo che vi ho raccontato, ci sono altri tre traslochi, sei in tutto dal 2010 al 2020.

Cosa stavamo cercando? Il posto in montagna con l’accesso al mare, in riva al lago, lontano da tutto e tutti ma a due passi dal centro. Non esistesse e se esistesse, non potremo permettercelo.

Quindi cosa stavamo cercando?

Oggi ho capito che fosse un’affinità culturale e valoriale.

Solo che stavamo operando una ricerca senza sapere esattamente cosa stavamo cercando e come dice il saggio, se non sai dove stai andando, rischi di arrivare da un’altra parte.

E non a caso, il sentimento ci ha spinto a cercare altro, ad andare oltre ogni volta. Non stavamo male, ma non eravamo pari, mancava qualcosa, qualcosa di intangibile, di incolore, di insapore, di profondo, di sentimentale appunto.

In parte la provo ancora oggi questa sensazione ma sento di avere maggiore consapevolezza della fonte di questo disagio e ne faccio l’energia che muove la mia ricerca di senso e significato.

Recentemente mi sono chiesto se questo sentimento sia una caratteristica di queste ultime generazioni oppure se ci fosse anche in passato. Non mi sono documentato ancora a riguardo ma una risposta che mi sono dato è che una volta il mondo fosse molto più grande e irraggiungibile. Per lo meno, molto più difficile da raggiungere. Che per alcuni l’unico mondo possibile fosse il proprio paesino, per altri la propria città. E quindi anche il futuro che ci si poteva immaginare dovesse in qualche modo avere quel luogo, spesso lo stesso natio, come sfondo per il proprio realizzarsi.
Tra il 1910 e il 1920 iniziano i voli di linea che collegano il mondo ma solo dagli anni 50’ volare ha iniziato gradualmente a diventare accessibile ai più. E con questo il mondo si è rimpicciolito. 

Ricorderò per sempre quando arrivai nel mio basement apartment a Hoboken, il 12 Settembre 2010, appoggiai le valigie per terra, mi guardai attorno e mi resi conto in quel momento di essere da solo a circa settemila chilometri di distanza da tutto ciò che mi fosse familiare. Un sentimento di gioia misto angoscia mi avvolse il petto finchè il jet leg ebbe la meglio e mi addormentai sul materasso del letto ancora da fare.

Sempre un sentimento che mi ha guidato fin lì, poi là, là e là e di nuovo di qua. In Nuova Zelanda non ci siamo ancora stati ma poco male. Chissà se ci andremo, il piano era strambo, l’avevo detto. Oppure è il Resto del Mondo che prova ad accorciare le distanze. Bel tentativo, gliene do atto.

Oggi viviamo a cinque chilometri da dove sono cresciuto. Ho fatto il giro lungo. Ed è effettivamente il luogo in cui per la prima volta ho posato uno sguardo consapevole su me stesso. Coincidenza? Non credo.

#noncielodicono

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